Proust vs. Bernhard. Un ircocervo tra Parigi e Vienna

Alla ricerca del tempo perduto vs. A colpi d’ascia

Quando Proust si fa cinico, spietato e mitteleuropeo, il risultato non può che essere Thomas Bernhard.

Proverò oggi qualcosa di diverso. Per rimanere fedeli al nostro nome, mi cimenterò in un tentativo di ircocervo (letteratura comparata, la chiamano i noiosi): in questo caso a prendere vita sarà un essere metà Proust metà Bernhard.

L’opera da cui parte la mia considerazione è A colpi d’ascia,160cc5d8e3dae3ae78b6b323158c4676_w600_h_mw_mh_cs_cx_cy romanzo di Thomas Bernhard degli anni ’80. Qui Bernhard, decantato da molti tra i maggiori scrittori del ‘900 mondiale, attinge sicuramente a una sua esperienza personale, come dimostra il fatto che l’opera fu censurata in Austria perché furono molti gli illustri conoscenti di Bernhard che si riconobbero descritti.
Chi ha già letto la Recherche proustiana e si trova a leggere A colpi d’ascia, non può far altro che trovare numerosi parallelismi tra le due opere, che pur sono diversissime tra loro (come parallelismi si potrebbero fare se in un quadro più ampio inseriamo anche Il Ballo di Irène Némirovsky, che si muove sugli stessi binari delle altre due opere in maniera ancora diversa, ma per stavolta evitiamo).

Nelle migliaia di pagine della letteraria cattedrale proustiana, posto di rilievo hanno i Guermantes, nobili francesi e illustri protagonisti della società parigina. Le loro cene mondane sono descritte da Proust in quasi mille pagine, coprendo due interi volumi della Recherche: I Guermantes e Sodoma e Gomorra. Proust ce li mostra così come sono, senza quasi mai mediare tra noi e loro con il suo punto di vista. Le descrizioni delle contraddizioni, dei vizi, delle sozzure dei Guermantes, e quindi della società parigina della Belle Époque, sono perciò quasi impersonali, nel senso che gli occhi con cui osserviamo e giungiamo a conclusioni sono i nostri.

tumblr_mpqpesVKvs1qdq50ro1_1280.jpg
Marcel Proust, 1871-1922

In A colpi d’ascia ci ritroviamo in una situazione simile, vale a dire una cena artistica nella società viennese. A distruggere l’alterità spocchiosa e nauseante degli illustri convitati sarà Bernhard in persona. Lontano dagli altri, seduto s’una bergère (che insieme al funerale di Joanna rappresenta la Madeleine della memoria, l’occasione che scatena il ricordo degli anni trascorsi in società), il Proust cinico osserva tutti col suo sguardo tagliente, venato d’una rabbia pacata o forse rassegnata, ai limiti della più estrema misantropia.

Io possiedo il dono di sapermi comportare in modo tale da riuscire a restare solo ogni volta che lo desidero, e quella sera, seduto nella bergère, padroneggiavo splendidamente quell’arte di restare solo con me stesso. *

Così si presenta Bernhard e riusciamo subito a farci un’idea di lui e di quello che leggeremo.
Se Proust si limitava a mostrarci i Guermantes e i loro invitati tali e quali a come essi si mostravano, con antinomie e ipocrisie annesse, Bernhard, da cinico e solitario misantropo, va ben oltre. Come se fosse armato d’ascia – come il titolo suggerisce- distrugge tutti, li colpisce senza pietà e rimuove le loro maschere e vesti sociali, per mostrarceli nella loro essenza più intima e cruda.

rettangolare
Thomas Bernhard, 1931-1989

Sociologicamente e psicologicamente è davvero rilevante quel che Bernhard fa. Un esperto di scienze sociali direbbe che la presenza di Bernhard a quella cena, a cui era stato costretto, assume le sembianze di un’osservazione partecipante, quasi fosse un etnografo che deve studiare e descrivere in loco una tribù di primitivi.
Dicevo, interessante da questo punto di vista perché Bernhard, nella sua analisi, annulla ogni convenzione, ruolo, parvenza sociali. Gli Auesberger (i suoi Guermantes) non ci appaiono come ricchi borghesi imbellettati bensì come anime tristi, rivoltanti, contraddittorie, spregiudicate; il loro Ego abissale viene a galla. In altre parole, cessano di essere un ruolo sociale, un guazzabuglio di ostentazioni e falsità, e filtrati dallo sguardo di Bernhard diventano quel che sono realmente, vale a dire poco più che niente.

Bernhard sarà pure un misantropo, ma rende onore al vero come il migliore degli psicanalisti.
Al pari di Proust, la sua critica alla società che vive di apparenze, artificiosi belletti, ipocrisie e consumo sfrenato diventa una testimonianza della fatica d’essere se stessi, per dirla con A. Ehrenberg; un certificato di quanto sia arduo conservare ogni giorno la nostra autenticità; un invito all’arte più pura e sincera.

– Giuseppe Rizzi –


*Edizione Adelphi, trad. di Agnese Grieco e Renata Colorni

In anteprima: Giuseppe De Nittis, Ritorno dalle corse

2 Comments

  1. Il tentativo di confrontare Proust con qualsiasi altro scrittore mi indispone. Un mondo, il suo, nel quale ti perdi e ti ritrovi non ha eguali: è unico e irripetibile. Devo ammettere però che l’articolo mi incuriosisce, per cui penso di leggere il testo di Bernhard al più presto e di ritornare sull’argomento. Ah, questi ircocervi! Desacralizzano e sacralizzano nello stesso tempo!

    "Mi piace"

Lascia un commento